Cucina regionale italiana: Basilicata
Condizionata da un territorio aspro e difficile da coltivare e dalla scarsità d'acqua, la Basilicata ha una gastronomia che risente dell'influsso delle vicine Campania (nella parte della provincia di Potenza) e Puglia (in provincia di Matera): alla cucina di questa regione spetta il merito di aver dato i natali alla salsiccia.
Il maiale lucano, che pascola sulle montagne insieme alle pecore e agli agnelli, è una risorsa fondamentale in una regione povera, perché fornisce non soltanto la carne, magra e saporita, ma anche il condimento. Vi si ricavano il lardo, lo strutto e, oltre alle salsicce, un prosciutto saporito e piccante a pasta finemente macinata, le soprassate, i capocolli e la "pezzenta", il salame dei poveri, fatto con gli scarti della macellazione (polmoni, fegato, nervi) e aromatizzato con pepe e aglio. Secondo Varrone e Cicerone, in Basilicata, un tempo chiamata Lucania, fu inventata la salsiccia, detta appunto "lucanica". Aromatizzata con pepe nero e peperone rosso, compare in tavola fresca, arrostita o fritta, affumicata o sott'olio.
Assente la carne di manzo e vitello, sulla tavola compare quella di agnello, di montone e, dopo trattamenti particolari, anche la carne di pecora e di capra. Una ricetta antica per preparare l'agnello e il castrato è la "pigneti": i pezzi di carne insieme a patate, cipolla, pomodoro, peperoncino, formaggio pecorino, salame sbriciolato, sono messi in un recipiente di terracotta che, sigillato con la creta, è posto in un forno caldissimo che gradualmente si raffredda mentre il cibo giunge a cottura. Degli ovini si mangiano anche le interiora – cosiddette "gnumaredde" – cotte allo spiedo o alla brace.
Un ingrediente immancabile è il peperoncino, variamente chiamato "frangisello", "cerasella", "pupon", "diavolicchio". Compare nella "sugna piccante", un condimento a base di grasso di maiale insaporito con semi di finocchio, che si mangia con il pane casereccio.
La pastasciutta – le orecchiette, le lasagne, le "manate", gli "strascinari" fatti con le "cavarole", piccoli taglieri in legno zigrinati, è condita con il ragù che, nella versione tradizionale, contiene gli "'ntruppicci", pezzetti di carne ovina o, più di rado, bovina, tagliati con il coltello, non macinati. Al sugo si aggiunge il peperoncino fritto nell'olio e infine si spolvera con formaggio pecorino o con la "ricotta forte". È questa una specialità che Matera ha in comune con la Puglia: il latte di pecora viene manipolato almeno una volta al giorno per un mese di fila, aggiungendo via via piccole quantità di sale, che danno un sapore sempre più forte. Quando la ricotta è pronta, la si spalma sul pane o la si usa per condire pizze, focacce, zuppe.
Tra i dolci il più tradizionale è la "scarcedda", tipica del periodo pasquale: è a base di pasta frolla farcita di ricotta e, al suo interno, contiene un uovo sodo.