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Cucina regionale: Piemonte e Valle d'Aosta

Piemonte

La pianura delle risaie, la collina pedemontana e le valli alpine: la cucina del Piemonte, una delle più ricche e creative tradizioni gastronomiche italiane, accoglie in sé i contributi di queste diverse aree regionali. Tipicamente montanara è invece la tradizione culinaria valdostana. In entrambi i casi, i piatti sono accompagnati da vini noti in tutto il mondo.

La natura varia del Piemonte – la Langa, le colline del Monferrato e del Canavese, la pianura intorno a Novara e a Vercelli, i fiumi, le montagne – si riflette nella varietà della sua cucina, che utilizza carni bovine, selvaggina, verdure, riso, pesce di acqua dolce, formaggi, funghi e tartufi. I due elementi fondamentali della gastronomia piemontese sono il burro – e i prodotti affini quali il latte, la panna, il formaggio – e il vino che non compare soltanto sulla tavola ma entra spesso nella pentola per insaporire le carni, i risotti, le salse. Dall'altra parte degli Appennini e delle Alpi marittime vengono l'olio e il pesce di mare che, pur non essendo ingredienti autoctoni, sono ormai entrati nella tradizione piemontese.

Piemonte

La "bagna caöda" infatti, uno dei più tipici piatti della regione. La ricetta comprende le acciughe, l'olio, il burro, l'aglio e le verdure fresche, cardi, sedani, finocchi, peperoni. Alle acciughe, che devono bollire, non friggere, nell'olio della "s'ciônfeta, l'apposito pentolino con fornelletto, fino a spappolarsi, si aggiunge il burro. In questo intingolo si immergono verdure crude – cardi, peperoni, sedani, carote, finocchi – e cotte, cipolle intere al forno, peperoni abbrustoliti, barbabietole.

Prima del pranzo è abitudine bere il vermut, tipica specialità torinese che, prodotto fin dal 1786 accompagna la ricca gamma degli antipasti: insalata di carne cruda, peperoni con la "bagna caöda", fonduta, insalata di ovuli e tartufi. Altrettanto ricchi e vari sono i primi piatti che propongono minestre, risotti, gnocchi, paste asciutte.

Tra le minestre caratteristici sono il brodo che, come insegna la saggezza popolare, non si rifiuta a nessuno, nemmeno ai condannati a morte (fino al secolo scorso, infatti, la legge prescriveva che allo sventurato, prima di salire al patibolo, fosse concesso un brodo di carne), e la "paniscia", una minestra di riso con lardo, salsicce, verze e fagioli, che conosce una versione novarese e una vercellese. Gli "agnulot" sono ravioli ripieni di carne, salsiccia, verza, tartufo; seguono gli "gnocchi alla bava", cioè filanti di formaggio fuso; il risotto al barolo.

I secondi sono spesso piatti di carne: in testa a tutti sta il brasato al barolo che, secondo l'antica ricetta, dovrebbe marinare nel vino per otto giorni prima della lunga cottura; seguono la cacciagione in "civet", cotta nel vino rosso con spezie e funghi; la pernice e il fagiano con tartufi, la lepre "alla vignarola" cucinata con l'uva, il vino bianco e servita con una salsa ricca di ingredienti; il fritto misto di carni e verdure, semolino dolce e amaretti; il vitello tonnato; il pollo alla Marengo in ricordo di Napoleone che, dopo la vittoria sugli austriaci, avrebbe chiesto da mangiare alla locandiera dell'unica osteria del posto, e questa avrebbe improvvisato un pollo con brodo e verdure, arricchito nelle successive versioni con funghi e tartufi.

Non manca il bollito, che qui si chiama "buii", ed è un misto di carni, di manzo, vitello e maiale. Indispensabili sono la presenza del cotechino e della testina e l'accompagnamento della salsa verde o del "bagnet", la salsa rossa, o anche, se disponibile, la salsa d'uva.

Chi non ama la carne può scegliere la trota alla fiamma, i gamberi d'acqua dolce, il guazzetto di rane. I formaggi sono disponibili in una grande varietà: tomi, tomini, gorgonzola, formaggelle, robioline, la crema di formaggi diversi amalgamati con grappa e vino, e altrettanto ricca è la gamma dei salumi che annoverano il prosciutto di montagna, il salame "d'la duja", conservato sotto strutto in un recipiente di terracotta, il salame d'oca, le salsicce, lo "spalot", spalla di maiale salata.

Sulla tavola non possono mancare i grissini o "ribatà" (o rubatà), non quelli industriali ma quelli artigianalmente prodotti dai panettieri, nati in Piemonte nel Seicento. I dolci hanno un'importanza fondamentale nella gastronomia piemontese: dalla cioccolata (fu portata a Torino dalla Francia nel Settecento), ai biscottini al cacao, ai baci di dama, ai cioccolatini al liquore, ai savoiardi. Ci sono poi le specialità locali: i "brutti-ma-buoni" di Borgomanero, i "cuneesi" al rum di Cuneo, i "pilot" di Oulx, le "reginette" di Omegna, i "bicciolani" di Vercelli, e naturalmente lo zabajone, inventato sul finire del Seicento da un cuoco di Carlo Emanuele duca di Savoia: una miscela di rossi d'uovo, marsala, zucchero e cannella, cotta a bagnomaria, senza mai toccare il punto di ebollizione.

Valle d'Aosta

Un capitolo a parte merita la cucina della Valle d'Aosta che utilizza i prodotti locali: formaggi e selvaggina, trote, mele renette e pere martin sec, funghi, mirtilli, lamponi, castagne. Il più tipico piatto è la cotoletta alla valdostana sulla quale si fa sciogliere una fetta di fontina, il formaggio più rinomato della valle, che, dolce o stagionato, entra nelle zuppe di pane, in quelle di latte e riso, ed è l'ingrediente principale della polenta concia, della "fondua", degli gnocchi.

La selvaggina, che comprende camosci, galli di montagna, marmotte, ghiri, lepri, pernici, stambecchi, è in "civet" o in salmì. Dopo essere stata marinata per due giorni in acqua aromatizzata con erbe e verdure, la carne viene sottoposta a lenta cottura. Con questa tecnica, assicurano i buongustai, la marmotta diventa più gustosa della lepre e afrodisiaca quanto lo stambecco. Ma più spesso la carne della selvaggina viene messa sotto sale e fatta seccare, una risposta alle condizioni ambientali di una terra che fino di recente era isolata. Si ottiene così la "mocetta" che si serve tagliata a fette come il prosciutto. La più saporita è quella, ormai introvabile, dello stambecco, ma è gustosa anche quella di camoscio.

Val D'Aosta

Un altro tipico piatto valligiano è la "carbonade", carne conservata sotto sale che viene cotta nel vino con cipolla tritata. Il nome deriva dal colore dell'intingolo, scuro come il carbone. Sul versante del pesce la valle d'Aosta offre la trota spaccata: aperta, viene infarinata, fritta, insaporita con spezie sciolte nel burro liquido e servita con prezzemolo tritato.

Il pasto si conclude con una miscela bollente di caffè, grappa, vino rosso, buccia di limone e spezie. In una sorta di rito collettivo lo si beve a turno dalla "grolla", un recipiente di legno scolpito, munito di beccucci tutto intorno.

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