Cucina regionale: Emilia-Romagna
È forse impossibile parlare di una cucina emiliano-romagnola, quanto delle diverse tradizioni gastronomiche rappresentate da ciascuna delle città capoluogo di provincia. Bologna "la grassa" è in ogni caso considerata, da secoli, la capitale culinaria d'Italia. "Quando incontrate la cucina emiliana fate una riverenza, ché se la merita", scrisse Pellegrino Artusi, autore del più importante libro di gastronomia italiano, La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene.
Ciascuna delle otto province – Parma, Piacenza, Modena, Reggio, Bologna, Ferrara, Forlì, Ravenna – porta sulla tavola una sua tradizione ricchissima di splendide ricette. Il maggior vanto della regione sono le paste all'uovo, ripiene o no, fatte in casa. La principale differenza fra le varie paste sta nella forma – ad anello, a cappello, a raviolo ecc. – e nel ripieno. Il regno del cappelletto comprende la Romagna, dove l'impasto si compone di "rafiggiolo", il formaggio fresco locale, e il Ferrarese, dove gli ingredienti particolari annoverano la cervella e il petto di tacchino. A Modena la specialità sono i ravioli a base di varie carni arrosto; a Bologna trionfano i tortellini che, stando alla leggenda, furono ispirati a un oste dal pensiero dell'ombelico di Venere. Segue la sfilata di paste con il ripieno di magro: i tortelli di Piacenza, avvolti a farfalla, hanno il cuore di ricotta ed erbette; i "cappellacci" di Ferrara hanno un ripieno di zucca e formaggio. Ci sono poi le paste imbottite e passate al forno, prime fra tutte le lasagne. A seconda del tipo di pasta che si vuole, la sfoglia sarà più o meno sottile: stesa spessa con il matterello e tagliata piccola per le paste da brodo (quadrucci, taglierini, maltagliati); sottile e tagliata larga per le paste asciutte (lasagne, tagliatelle, garganelli ecc.)
Condimento sovrano è il ragù, un insieme di carni e aromi che esige una lunga cottura; più controverso è il condimento "alla panna", soprattutto per i tortellini, quando non vengono serviti in brodo: secondo alcuni non si riallaccia alla tradizione regionale e appiattisce il sapore del ripieno.
Nessuno sa lavorare la carne suina con altrettanta perizia degli emiliani. Ogni città ha la sua specialità: la coppa e la pancetta a Piacenza; il prosciutto e il culatello a Parma; lo "zucco" (un salame molto speziato da cuocere) a Reggio; lo zampone a Modena; a Ferrara la "salama da sugo", un insaccato intriso di vino e spezie, lasciato a maturare per un anno sotto la cenere, che gli Estensi imbandivano agli ospiti come afrodisiaco; la mortadella a Bologna, che qui si produce fin dal 1376; i salami e le salsicce in Romagna. Gli stabilimenti del prosciutto di Parma sono concentrati in una zona particolare dove dal Tirreno, attraverso la Versilia e l'Appennino, arriva un vento marino che favorisce la stagionatura.
Il terzo protagonista della cucina emiliana è il formaggio, genericamente chiamato "grana", la cui origine fu materia di contendere fra Parma e Reggio che se ne contendevano il primato. Nacque in realtà nella val d'Enza nel Reggiano, che però era una zona commercialmente gravitante su Parma. Oggi la denominazione ufficiale di "parmigiano-reggiano" ha posto fine alla contesa con soddisfazione di tutti.
Ricchi sono anche i dolci, e primo fra tutti la zuppa inglese a base di pandispagna imbevuto di alkermes e farcito di crema; eccezionale il "panpepato" di Ferrara, una ciambella imbottita di mandorle, noci, pinoli.
La cucina romagnola, molto simile a quella emiliana, conta tuttavia alcune sue specialità con piatti a base di pesce cotto in brodetto o allo spiedo con l'aggiunta di aromi e pangrattato. Da ricordare le anguille della zona di Comacchio e Ferrara, che si preparano in vari modi a seconda del gusto e delle dimensioni: ce ne sono infatti di lunghe e di piccolissime, simili ad aghi che si mettono vive in padella.
Tipica della Romagna è la "piada" o "piadina", una schiacciata di farina, sale e strutto, che si cuoce sulla piastra arroventata e sostituisce il pane.