Cucina regionale: Puglia
Terra fertile, favorita dagli inverni miti e dalle estati asciutte del clima mediterraneo, la Puglia porta in tavola le sue tipiche paste di grano duro, l’olio, i formaggi e, soprattutto, i saporitissimi ortaggi. Dei quattro cardini della cucina pugliese tre – olio, grano, verdure – sono prodotti della terra; il quarto, il pesce, viene dall'Adriatico e dallo Jonio.
Lungo la fascia costiera ricoperta di ulivi si produce circa un terzo dell'olio di oliva italiano, un olio denso, dal gusto deciso. Nel Tavoliere si coltiva il grano duro che costituisce la materia prima del pane pugliese, scuro e saporito, degli innumerevoli tipi di pasta, delle focacce, dei "panzerotti" e delle "frisedde", ciambelle di pane biscottato che si ammorbidiscono nell'acqua e si condiscono con olio, pomodoro e origano. Da Foggia a Bari, da Brindisi a Lecce e a Taranto, ogni provincia ha le sue specialità, anche se nell'insieme la cucina pugliese è piuttosto omogenea con qualche diversificazione. L'aglio, per esempio, presente in modo massiccio nel Tavoliere, cede il passo, via via che si scende verso Sud, alla cipolla che trionfa nella zuppa di pesce di Gallipoli.
Una caratterizzazione curiosa ha la provincia di Foggia, anticamente abitata dai dauni: qui per tradizione il pesce non trova spazio alcuno. Tutto risale a circa quattordici secoli prima di Cristo, quando i dauni, una tranquilla popolazione greca dedita alla pastorizia, lasciarono le loro terre sotto la pressione dell'invasione dei dori, provenienti da Settentrione. Nella fuga molti tentarono di attraversare l'Adriatico ma, non avendo esperienza marinara, annegarono in gran numero, e nei superstiti rimase il terrore del mare. I discendenti dei dauni non sono mai stati pescatori.
Magnifico è il capitolo delle paste fatte a mano: orecchiette ("recchietelle"), sagomate con il pollice; "lagane", "laganelle", "fusilli", "strascinati", rettangoli di pasta che si passano su un tagliere speciale e presentano una faccia rugosa e una liscia; "troccoli", originari del Foggiano, che, simili ai maccheroni alla chitarra abruzzesi, prendono il nome da quello del matterello usato per tagliarli; "chianchiarelle", "mignuicche", "pociacche", "fenescecchie". La pasta, per lo più condita con ragù di carne o di pesce, esiste anche in una versione assai più opulenta: la si insuga, la si mescola a polpettine, fettine di uova sode, carciofi, salame sbriciolato, scamorza e pecorino. Il tutto, racchiuso in un timballo di pasta dolce o posto in un tegame di coccio, viene passato in forno. Il più popolare sugo di pesce è il "ciambotto", un miscuglio di numerose varietà.
Più frequente è però servire la pasta accostata alle verdure locali: lasagne e cime di rape con olive nere; cavoli e pasta; melanzane e maccheroni; pasta e fagioli; pasta e puré di fave; fiori di zucchine con pasta e pomodoro. Una delle versioni più gustose vede le orecchiette cotte con cime di rape e con acciughe sciolte nell'aglio e olio. Le verdure, alcune delle quali come la "caccialepre", i "crispigni", la cicoria riccia, i finocchetti selvatici, i "marasciulli" (erbette amare che crescono nelle vigne), i "paparuli" (funghi dal gusto pepato), i "lampasciuni", cipollacci amarognoli sono tipicamente locali, entrano spesso nella "tiella", un piatto che prende il nome dal tegame nel quale lo si prepara. È una ricetta antica che risale a quando le donne, dopo la giornata passata al lavoro nei campi, rientrando alla sera, dovevano sfamare la famiglia. In un unico tegame si mettono a crudo e a strati vari ingredienti: verdure, pesci, funghi, olive, riso. Ciò che non deve mancare mai sono le patate. La più nota "tiella" accosta patate, zucchine, cozze cosparse di pangrattato.
Come in tutto il Sud, la carne bovina è scarsa, mentre sono largamente usate quella ovina, la selvaggina, i volatili, il maiale, il coniglio selvatico. Piatto di origini antiche è il "quagghiaridde", ventricina di montone ripiena di frattaglie tagliuzzate, scamorza, uova, salame, cotta in forno e servita con rucola lessata. Gli "gnemeriedde" sono invece interiora di agnello che, tagliate a striscioline e strette a gomitolo, si fanno rosolare allo spiedo o in tegame con aromi e pecorino.
Numerose sono le ricette di pesce, data la grande varietà della materia prima: polipetti; alici che si mangiano crude; frutti di mare come le cozze e le ostriche coltivate, secondo un sistema secolare, su fascinotti di lentisco piantati a pergolato nei cosiddetti "giardini" del mare Piccolo, antistanti il porto di Taranto, dove pullulano fonti sorgive di acqua dolce; la triglia allo scoglio che, messa sulla brace, rilascia gli umori sotto la pelle e ne sgorga un liquido rosso, che fa da salsa naturale.
Importanti sono i latticini: ricotte, pecorino, scamorze, caciocavallo, provoloni, mozzarelle e la "burrata" composta da una parte esterna dura che fa da involucro a un ripieno della stessa pasta ma ridotto a filamenti e immerso nella crema di latte. Simile alla burrata è il "burrino", il cui interno è costituito da una palla di fiore di burro.
L'arte dolciaria, che si avvale soprattutto di mandorle, annovera parecchie specialità storiche: sembra che il torrone e i confetti siano nati in Puglia nel Duecento. Dolce natalizio sono le "carteddate", fritte nell'olio, imbevute di miele e cosparse di cannella; pasquali sono invece le "scarcedde", ornate di uova con il guscio. Dopo il dolce ecco comparire sulla tavola, a chiusura del pranzo, i grappoli d'uva, gli ortaggi – sedani, rapanelli, finocchi – e i "melloni", angurie dolcissime.