Cucine da incubo - Italia
Antonino Cannavacciuolo è il nuovo mito della televisione che si occupa di cucina (tutta la tv italiana in pratica): il suo stile funziona solo in parte: la sua tranquilla e pacata disponibilità lo rendono molto diverso da Gordon Ramsey. Cannavacciuolo non fa paura, non mette in soggezione ma si rende simpatico; "abbaia ma non morde" e forse questo è il suo limite maggiore.
I continui riferimenti alla "musica che cambia", ai "menu che sono musica per le vostre orecchie", sembravano un po' forzati e recitati. Ma per restare in tema jazz e di musica, l’improvvisazione è il sale della creazione artistica. Se ‘lasciato libero’ dai legacci del copione, Cannavacciuolo dà il meglio di sé. Vederlo sorridere bonario e soddisfatto mette subito simpatia. E il suo sorriso è molto diverso da quello sardonico e diabolico di Gordon: ci sembra di percepire tutto il piacere per l’armonia ritrovata, per la felicità che torna in cucina; in Ramsay, più smaliziato, ci sembra di cogliere una maggiore ‘inclinazione’ verso la bontà della propria missione.
Non altrettanto convinto sembra Aldo Grasso, il giornalista esperto di televisione del Corriere della Sera che scrive:
C'è la crisi, si sa. Eppure ci viene ripetuto come un mantra che «i ristoranti sono sempre pieni»! Ma allora quando si svuotano, di chi sarà la colpa?
La teoria di Cucine da incubo Italia è che alla base dei fallimenti dei ristoranti ci sia la loro cattiva gestione: lunghe attese, piatti mal cucinati, personale scortese, e via così (Fox Life, mercoledì, ore 21.55).
Il programma è la versione italiana della celebre serie inglese Ramsay's Kitchen Nightmares, tutta centrata sul brand dello chef più celebre della tv, il vulcanico Gordon Ramsey, ormai quasi più noto per il temperamento fumantino e le sfuriate di fronte alla telecamera che per la sua cucina. Il meccanismo è questo: un ristorante è in difficoltà, i clienti scarseggiano, i conti sono in rosso?
A salvare la situazione ci pensa uno chef di grido, che giunge in soccorso per addestrare il personale a trasformare le attese in rapidità ed efficienza, i menù scombinati in trionfi di gusto, i piatti complicati e pacchiani in prelibatezze raffinate.
Nella versione italiana, il ruolo di Ramsey è andato ad Antonino Cannavacciuolo, chef del Villa Crespi, sul lago d'Orta, che passa con nonchalance dalla sua doppia stella Michelin al salvataggio di un ristorante pizzeria che ha come punto di forza la serata settimanale di karaoke, vittima dell'imperizia di un gestore che si sente un artista della cucina ma è solo un «decoratore di piatti».
Per funzionare e coinvolgere, Cucine da incubo ha bisogno di rappresentare uno scontro di personalità, di mettere in scena il personaggio del grande chef spietato che corregge il malcapitato ristoratore a suon di crude verità, per usare un eufemismo (alla Joe Bastianich per intenderci). Il talento culinario di Cannavacciuolo è indiscusso, ma per Cucine da incubo forse gli manca ancora una sana cattiveria.
Aldo Grasso - Corriere della Sera