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Intervista a Carlo Cracco

Carlo Cracco - Masterchef "Dove la porto?" Ci si aspetterebbe di sentirsi chiedere quando si sale sul taxi chiamato in via Victor Hugo dopo la cena al ristorante. Ma siccome Cracco non è più noto ai soli adepti dell'alta cucina, ma è anche diventato col programma Masterchef personaggio televisivo e - a giudicare dalla copertina dell'ultimo numero del mensile GQ - anche sex symbol, non stupitevi se la domanda della tassista sarà: "Che meraviglia. Ha mangiato da Cracco, vero? È fantastico, vero?".

Essere uno dei tre giudici del talent show dei fornelli ha portato il suo volto nelle case di un numero di persone prima impensabile per un cuoco avanguardista votato al fine dining. E adesso la sua idea di cucina fa scuola, nel senso letterale del termine, con un libro che vanta già 70 mila copie da quando è in libreria, da appena quattro mesi. Ma Cracco miete successi anche nei confronti di chi non è poi così sensibile all'argomento fornelli: che sia piaciuta o meno, non c'è dubbio che la copertina e relativo servizio sul magazine maschile GQ lo consacri tra i sex symbol contemporanei.

Nonostante questo per lui potrebbe sembrere un momento d'oro, lo chef non si sente ancora soddisfatto.

"Diciamo che è un buon periodo, ma non posso dire di essere 'arrivato'. Non è ancora niente, perché spero di poter fare sempre di più. Ciò che vivo adesso e i riconoscimenti che sto ottenendo sono il frutto di tanto lavoro e tanti progetti maturati nel tempo e di tante idee che a poco a poco si portano avanti. È una conseguenza, perché sto cercando di allargare il più possibile il mio orizzonte.

Si riferisce al libro Se vuoi fare il figo usa lo scalogno (che non è il solito libro del 'grande chef' che presenta ricette cult del suo locale blasonato)?

Appunto. Mi piaceva l'idea di poter fare una cosa diversa. Anche per sfatare il giudizio - che preoccupa gli stessi editori - che i grandi chef non vendano libri. È un orgoglio poter dire che le copie superano le 70mila. Il segreto è un non segreto, sta nel modo in cui ho raccontato le ricette di tutti i giorni, con un linguaggio assolutamente colloquiale, indicazioni chiare, con un tocco in più che può dare un professionista della gastronomia, e una sistemazione in ordine di difficoltà, che permettono, seguendo le indicazioni, di eseguire tutti i piatti dal primo al quarto 'livello'.

Spesso nel libro, e questa è la cosa simpatica, racconta qualcosa, un ricordo, un aneddoto, che la lega ai diversi piatti.

"Si passa dagli spaghetti al pomodoro fresco che mia madre preparava per le gite fuori porta alla mozzarella in carrozza e tutti i trucchi per portarla a tavola in modo impeccabile, ma anche suggestioni che ho provato mangiando in un altro ristorante, in Italia o all'estero. La ricetta 'pilota', il capitolo prova è stata il risotto, che poi ha dato il titolo al libro. Siccome non l'ho scritto ma registrato a voce, è risultato davvero colloquiale e diretto. E quando ho dato un consiglio per un tocco in più, pensando a chi non ama la cipolla, ho detto "se vuoi fare il figo (intendevo perché è più usato nella cucina francese ed è più delicato) devi usare lo scalogno". All'editore è piaciuto ed è diventato il titolo.

Gli chef sono i nuovi divi tv. Osannati come un tempo gli attori, poi gli sportivi. Perché?

Intanto questo successo televisivo degli chef non è nulla rispetto a quanto accade all'estero. Dove lezioni di cucina, competizioni e talent show sono arrivati ben prima. Noi in Italia ci siamo semplicemente adeguati. E questo successo è dovuto al fatto che attraverso questi programmi la gente vede che il mondo della cucina è diventata raggiungibile. Quando vedi uno sportivo che fa una gara pazzesca lo ammiri ma non riesci a raggiungerlo. Bene o male la tv invece rende lo chef raggiungibile, ripetibile, emulabile. Ti appassioni, la cosa più bella di Masterchef, per esempio, è che piace ai bambini. Ed è ovvio, perché il cibo permea le nostre giornate. Se come chef rimango su un piedistallo rimango 'personaggio' ma mai comprensibile ai più. In un programma come Masterchef le persone entrano in una vera cucina, vedono come si sceglie un prodotto, come si pulisce, si prepara e si serve. La cucina diventa accessibile. Inoltre è un programma in cui ci sono storie, ti affezioni ai personaggi, ci sono protagonisti normali in cui il pubblico si riconosce.

Essere davanti alle telecamere la condiziona? Deve recitare un copione?

Se guardi attentamente, vedi che non recito. All'inizio mi avevano dato un copione, ma facevo fatica perché non mi sentivo a mio agio nei testi. Poi, d'accordo con gli autori e il regista, ho scelto di essere più spontaneo. Sono e mi comporto come sarei nel mio locale coi miei ragazzi. Quando la prima volta iniziammo a girare, pensavo fosse molto più complicato, ma ho capito subito quello che serviva ed era utile. Certo, ci sono tempi televisivi da seguire, ma accade di dover seguire tempi dettati da altri anche coi clienti in sala (chi va in bagno, chi si alza ed esce a fumare ecc.).

Cosa cercano i giudici di Masterchef?

L'obiettivo è trovare qualcuno valido davvero che abbia la possibilità di andare avanti. I concorrenti l'anno scorso e forse ancor più nella nuova edizione sono bravi, si impegnano, ci mettono l'anima. Ma non basta. Noi cerchiamo di guardare avanti, guardare non chi è più bravo adesso, ma chi ha le potenzialità di andare avanti anche fuori dal talent show.

Come sarà la seconda stagione del programma?

L'impressione che ho avuto è che sia ancora più bella della prima. Noi giudici siamo più affiatati e amalgamati. I concorrenti, che hanno visto la prima, in questa sono più agguerriti, non vogliono farsi trovare impreparati, sono più consapevoli. Noi ne approfittiamo per elevare il livello. Spingiamo per andare avanti. Abbiamo cercato di fare preparazioni più difficili e gireremo delle belle esterne in giro per l'Italia dove presentare il Paeese anche per un ipotetico pubblico estero.

L'esperienza televisiva l'ha in qualche modo cambiata, cioè le ha dato qualcosa professionalmente?

Più che cambiato mi ha dato tanti stimoli nuovi, e la possibilità di fare più cose di prima, anche in cucina. Posso sperimentare abbinamenti per un pubblico nuovo che ha voglia di conoscere. Ma il mio stile rimane sostanzialmente lo stesso. E a volte le idee dei concorrenti mi incuriosiscono, per esempio una volta a casa ho provato un sedano con ananas e pesce preparato da un concorrente. Alcune idee hanno potenzialità. E in generale è cambiato il rapporto col cliente. Viene con una curiosità maggiore, ma molto ben predisposto e in sala riusciamo a spiegare qualcosa in più. Non ci sono barriere e filtri. I nuovi clienti, che magari non conoscono la mia cucina, si lasciano guidare e hanno entusiasmo. Il pubblico è molto più vario.

E adesso lo è anche il menu.

Si ce ne sono tre. Quello dei piatti storici, che si chiama "10 anni" e comprende per esempio l'insalata russa caramellata, la crema al'olio, il tuorlo marinato; poi i "piatti della tradizione" come il risotto alo zafferano; e menu innovativo, espressione del momento, così posso raccontare tutte le diverse tappe del mio percorso.

La copertina di GQ con modelle nude ha consacrato Cracco come sex symbol. Perché gli chef sono considerati così sexy?

{multithumb thumb_proportions=bestfit } Carlo Cracco su GQ Beh, i cuochi esercitano una forza che molti uomini non hanno, la possibilità di sedurre attraverso qualcosa che preparano. Storicamente era la donna, l'angelo del focolare, che doveva 'prendere per la gola'. Era la donna a conquistare col suo talento in cucina. Ora lo fanno i cuochi. E poi di per sé il cibo è seduttivo. Anche il cambio generazionale aiuta. Siamo passati dall'icona del cuoco grassoccio chiuso nelle cucine col suo grembiule impataccato, a giovani che viaggiano per il mondo, studiano e tengono conferenze. È la professione che è cambiata.

Il servizio su GQ serviva a presentarla ai lettori del magazine perché terrà una rubrica. Su che cosa?

Su esperienze gastronomiche, suggestioni, un piatto che ho mangiato in un viaggio, una ricetta a cui sto pensando, un ricordo che ha a che fare con la gastronomia, poi prodotti, idee in libertà riguardo il cibo.

Le foto di quel servizio hanno fatto discutere. Cosa pensa in proposito?

Beh, anche quando a febbraio ero sulla copertina di Wired, quella delle cavallette, ci sono state critiche. Io mi diverto, mi presto al genere, ho sempre fatto cose abbastanza forti, ma poi alla fine parlo il mio linguaggio e parlo al pubblico, anzi ai pubblici più diversi.

Ha un sogno?

Si, un locale low cost. Aspetto l'occasione per realizzarlo, il momento giusto. Un locale low cost non è né semplice né ovvio. Non ho ancora ben chiara la cosa. Che mi fa anche paura. Non voglio correre rischi.

Twitter @ele_cozzella - L'Espresso

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