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A tavola con gli inglesi medioevali

Banchetto medioevale Erano i piatti tradizionali per le festività. Il pavone era servito con tutte le piume oppure come ripieno di una torta salata, sulla quale giuravano fedeltà i cavalieri erranti.

Anche se la Chiesa cattolica prescriveva il digiuno o tutt’al più un’alimentazione sobria, durante l’Avvento e fino alla vigilia di Natale nell’Inghilterra del Medioevo sulle tavole dei ricchi si banchettava a più non posso. Per la cena natalizia il feudatario riuniva gli amici e, annunciato da una fanfara di trombettieri e dalla musica dei menestrelli, il capo cuoco portava su un vassoio d’oro o d’argento (non erano consentiti metalli più vili) una testa di cinghiale, che per secoli ha rappresentato il piatto forte.

Il cinghiale era seguito da una processione di cavalieri, nobili, dame, che cantavano Caput apri defero/Reddens laudes Domino (Porto una testa di cinghiale, offrendo lodi al Signore). Il cinghiale doveva essere guarnito con foglie d’alloro e con una mela infilzata in ogni zanna.

In ordine d’importanza nella cena natalizia, dopo il cinghiale veniva il “pavone vivente” (peacock) . La pelle dell’animale morto veniva tolta con estrema accuratezza per lasciare il piumaggio intatto, coda compresa; il pavone veniva poi imbottito con uova, erbe e spezie e arrostito.

Dopo la cottura la pelle con il piumaggio veniva ricucita sull’animale e talvolta coperta con lamine d’oro; anche il becco veniva dorato. Il pavone veniva offerto alla dama più importante e tagliato dal cavaliere più abile nei tornei.

Talvolta il pavone veniva servito come ripieno di una torta salata (pie), dalla quale venivano fatte spuntare la testa e la coda a ruota; la tradizione vuole che i cavalieri erranti giurassero sulla torta di pavone di essere disposti ad affrontare qualsiasi impresa. Questo giuramento, detto appunto by cock ami pie, si diffuse nel linguaggio comune e si ritrova per esempio nell’Enrico IV di Shakespeare (parte II, atto V, scena prima); in italiano viene tradotto nelle maniere più diverse dal momento che non esiste nella nostra lingua un analogo modo di giurare.

Il banchetto medievale natalizio, comunque non finiva qui. Sequivano porzioni meno appariscenti, ma più sostanziose: oche, capponi, fagiani, carpe e il famoso furmante, corruzione da frumentum. Era a base di grano, lasciato a bagno e poi, una volta morbido, miscelato con brodo, latte, latte di mandorla, tuorli d’uovo; rimesso sul fuoco e infine servito come accompagnamento di carne di cervo. E alla fine (ma talvolta all’inizio) non mancava l’imprescindibile pudding con prugne, frutta secca e spezie.

A cura di Margherita Giusti – rivista Storica N. 22 Dicembre 2010

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